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Le Distanze che ci separano sono le stesse che possono unirci

Ci sono parole che fanno in fretta a darci il senso del nostro appartenere al vasto mondo. Pandemia è forse tra queste la più efficace e tragicamente attuale. Altre, simili, sono le parole guerra, conflitto, catastrofe (climatica).


Ma altre ancora, per fortuna, ve ne sono che offrono questo stesso senso di appartenenza e che dell’umanità, della sua essenza più pura, racchiudono il significato: amicizia, per esempio, ma anche amore, fratellanza, solidarietà, aiuto, accoglienza.

I popoli del mondo sanno che solo la messa in pratica concreta di queste parole aiuterà loro e la terra che li ospita a perpetuarsi attraverso una comune cultura della consapevolezza: la consapevolezza di appartenere allo stesso mondo, di poter godere delle sue meraviglie, di avere il compito di salvaguardarle, quelle meraviglie, per le future generazioni.


E non basterà a oscurare questa consapevolezza e la generosa pulsione umana a riconoscersi in un’unica identità, l’affermazione, troppe volte sciaguratamente usata nella storia, che ciascun popolo ha la sua cultura della quale debba essere geloso e chiuso custode, quando non arma da usare per offendere e sottomettere altri popoli.


Sempre meno facile sarà in questo nostro mondo che questa visione possa prendere il sopravvento, anche se siamo ancora ben lontani dall’aver estirpato la brutta piaga della supremazia. È una guerra di posizione, in cui chi combatte dalla parte dell’umanità ha come arma efficace la cultura dell’incontro, della mescolanza, della contaminazione, della comprensione e dell’assimilazione, pur nella diversità delle culture.


E c’è un solo mezzo per chi vuol combattere questa nobile battaglia: viaggiare. Con la mente, col corpo, con le immagini.


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